PREMESSA
Il 10 maggio 1988, in un incontro del Segretariato per
lecumenismo e il dialogo della Conferenza Episcopale Italiana
con il moderatore della Tavola Valdese e con altri esponenti delle
chiese valdesi e metodiste, si convenne sullopportunità di una
serie di incontri per avviare un dialogo su problemi comuni, indicando
come possibile primo tema di confronto i matrimoni misti*1.
Il Sinodo delle chiese valdesi e metodiste dellagosto 1988 accolse
favorevolmente liniziativa e nominò a tal fine una commissione
di cinque persone (Maria Sbaffi Girardet, relatrice; Franco Becchino;
Gianni Long; Paolo Ricca; Giovanni Scuderi) destinata a confrontarsi
con una analoga commissione nominata dalla Conferenza Episcopale Italiana
sul tema dei matrimoni misti "quale problema teologico, pastorale
e giuridico comune alle due chiese".
La Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana nominò a sua volta
una delegazione di sei membri (Filippo Giannini, presidente; Velasio
De Paolis; Giorgio Feliciani; Pietro Giachetti; Emilio Landini; Clemente
Riva), auspicando che il confronto su questo tema "apra il cammino
di dialogo e di rapporto con i fratelli valdesi e possa giungere a
risultati positivi".
La commissione valdese-metodista, fermi restando i cinque membri effettivi
di nomina sinodale, scelse come consulente Alfredo Sonelli. Il primo
incontro tra le due commissioni ebbe luogo il 3 marzo 1989, in Roma.
Il successivo Sinodo delle chiese valdesi e metodiste dellagosto
1989, approvando loperato della commissione da esso nominata,
ne rinnovò il mandato, allargandone la composizione a sei persone
per adeguarla a quella della delegazione della Conferenza Episcopale
Italiana. Gli incontri proseguirono nel periodo successivo, articolandosi
in ventuno sedute congiunte delle due delegazioni (sino al luglio
1993), nonché in contatti informali tra gruppi di lavoro ristretti.
La commissione valdese-metodista fu riconfermata, nella medesima composizione,
dai Sinodi del 1990, 1991 e 1992. Nel corso dellinverno 1991-92,
a seguito della scomparsa di Giovanni Scuderi e delle dimissioni di
Franco Becchino, passato ad altri incarichi, tale commissione fu integrata
da due nuovi membri: Valdo Benecchi e Alberto Taccia. La commissione
della Conferenza Episcopale Italiana è rimasta invariata per tutto
il periodo.
Le due delegazioni, nel dare inizio ai lavori, hanno espresso preliminarmente
la comune persuasione che lunione delle persone e la comunione
di vita nel matrimonio sono più agevolmente assicurate quando i due
coniugi condividono la stessa fede. Si è tuttavia concordemente riconosciuto
che i matrimoni misti presentano anche aspetti positivi, sia per elementi
di intrinseco valore, sia per lapporto che possono dare al movimento
ecumenico.
Per questi motivi le due delegazioni hanno concordemente espresso
il parere che il matrimonio misto può essere un luogo importante del
cammino ecumenico, anche perché sostenuto dalla grazia divina, donata
ai coniugi nel matrimonio stesso.
Contestualmente a questa fondamentale osservazione è stato tuttavia
rilevato che la retta impostazione del cammino ecumenico nel seno
della famiglia non può essere realizzata dalla sola buona volontà
degli sposi. Essi hanno bisogno del sostegno pastorale delle rispettive
comunità, sia nella fase di preparazione che nel corso della vita
coniugale.
In tale prospettiva è stato espresso il convincimento che detta collaborazione
potrebbe essere facilitata da una linea di comportamento, approvata
dagli organi responsabili delle rispettive comunità religiose in Italia,
che favorisca una intesa nellindirizzo pastorale dei matrimoni
misti a livello locale delle singole diocesi e delle comunità valdesi
e metodiste.
Il presente testo comune, frutto di un lungo lavoro compiuto dalle
due delegazioni, si articola in tre parti.
La prima contiene ciò che come cristiani possiamo dire insieme sul
matrimonio, malgrado le differenze e divergenze confessionali che
ci caratterizzano. Non si tratta ovviamente di una esposizione completa
della dottrina matrimoniale delle due chiese: ci si limita qui a dire
lessenziale per fondare cristianamente e impostare ecumenicamente
un discorso comune, per quanto possibile, sui matrimoni misti.
Nella seconda parte vengono indicati i punti di divergenza nel modo
di intendere e vivere il matrimonio, la loro incidenza sulla comunione
coniugale, il loro influsso sulla disciplina dei matrimoni misti,
circa la celebrazione nuziale e così via.
La terza parte è di indole pastorale; offre agli sposi e ai promessi
sposi appartenenti a confessioni cristiane diverse, alle loro famiglie,
nonché ai ministri delle due comunità religiose, indicazioni e orientamenti
circa la preparazione, la celebrazione e la pastorale dei matrimoni.
Le indicazioni di questo testo comune sono state sottoposte allapprovazione
degli organi competenti (Conferenza Episcopale Italiana e Sinodo delle
chiese valdesi e metodiste), i quali decideranno come renderle operative
per risolvere i problemi che ordinariamente sorgono nei matrimoni
misti che si celebrano in Italia tra nubendi cattolici e quelli appartenenti
alla Chiesa evangelica valdese - Unione delle chiese valdesi e metodiste,
indicata in questo testo semplicemente come Chiesa valdese.
Le indicazioni hanno lo scopo di applicare in concreto i documenti
specifici emanati dalle rispettive chiese a livello nazionale, quali
il Documento sul matrimonio del Sinodo valdese del 1971, il Decreto
generale sul matrimonio canonico della Conferenza Episcopale Italiana
del 5 novembre 1990 e il Direttorio per lapplicazione dei principi
e delle norme sullecumenismo del Pontificio Consiglio per la
promozione dellunità dei cristiani del 1993 (nn. 143-160).
Parte prima
CIÒ CHE COME CRISTIANI POSSIAMO
DIRE
IN COMUNE SUL MATRIMONIO
1.1. La creazione delluomo e della donna
nella loro diversità e reciprocità
"Dio creò luomo simile a sé; lo creò a
immagine di Dio; maschio e femmina li creò" (Genesi 1,27). "Dio,
il Signore, prese dal suolo un po di terra e, con quella, plasmò
luomo" (Genesi 2,7). "Dio, il Signore, formò la donna
e la condusse alluomo" (Genesi 2,22).
La creazione delluomo e della donna, nella loro diversità e
reciprocità, è di per sé un invito alla comunicazione, allincontro,
al dialogo, vincendo la solitudine. "Non è bene che luomo
sia solo; gli voglio fare un aiuto che gli sia simile" (Genesi
2,19).
Luomo e la donna sono tanto simili da rendere possibile una
comunione reale e profonda, e tanto diversi perché, nellincontro,
si arricchiscano lun laltro senza perdersi luno
nellaltro.
1.2. Il matrimonio
La coppia umana è creazione di Dio. Dio ha formato
luomo e la donna, ciascuno in vista dellaltro.
È questo il fatto fondamentale, voluto da Dio, che
caratterizza il matrimonio, cioè lunione della coppia nel vincolo
di amore coniugale. Il matrimonio è vissuto come risposta gioiosa
(Genesi 2,23) delluomo e della donna alla loro creazione e si
costituisce dove un uomo e una donna, secondo il disegno divino, mediante
il reciproco consenso, si uniscono come marito e moglie.
Il matrimonio rende la comunicazione nella coppia
completa e stabile. "Saranno una stessa carne" (Genesi 2,34)
significa lunione dei corpi, ma anche dei destini personali.
Luomo e la donna, come coppia coniugale, non vivono più due
storie parallele, ma ununica storia comune. In essa ciascuno
è chiamato a vivere la pienezza dellamore in un rapporto di
completa reciprocità.
La Bibbia non a caso, proprio in questo testo, parla
di aiuto reciproco. In questa solidarietà operosa e duratura si manifesta
in concreto la consistenza dellamore coniugale.
La creazione della coppia rivela la fondamentale
natura dialogica dellessere umano e il matrimonio come spazio,
strumento e scuola di comunione.
1.3. Parabola dellAlleanza
Lalta parola che la Bibbia pronuncia sul matrimonio
è quella secondo cui esso è presentato come una parabola della Alleanza
tra Dio e il suo popolo (Osea 2,16-19) e segno presente dellunione
tra Cristo e la chiesa (Efesini 5,31-32). La parola di Dio manifesta
il livello profondo in cui al credente è dato di vivere il matrimonio.
Il riferimento allAlleanza conferisce al matrimonio
una forza e una ricchezza di significati maggiori di quelle espresse
da una concezione puramente contrattuale del matrimonio stesso; mentre
la precisazione paolina di "mistero grande" in riferimento
a "Cristo e la chiesa" rivela la qualità e lintensità
dellamore che governa la vita coniugale nella luce della salvezza
che ci è data in Cristo. È questa la vocazione iscritta nel rapporto
coniugale uomo-donna secondo la Parola di Dio.
1.4. Amore coniugale
Il matrimonio, secondo la parola del Signore (Marco
10,8), si esprime nellunità della coppia, per cui marito e moglie
non sono più due ma uno.
Tale unione investe la totalità delle loro persone
in una comunità di amore vissuta luna per laltra, in reciproco
rispetto, lealtà e fedeltà, sostanziata di dono e di perdono, nella
sottomissione allamore di Cristo (Efesini 5,21ss.).
Lamore coniugale vive la differenza e la reciproca
attrazione sessuale come un dono di Dio per il bene delluomo
e della donna, nella loro comunione di vita e di amore.
I coniugi credenti vivono nel matrimonio la propria
sessualità senza esaltazioni né repressioni, rispettando la dignità
e la libertà di ciascuno.
1.5. Fedeltà
Poiché il matrimonio è un patto di comunione di tutta
la vita, la fedeltà ne è elemento costitutivo e limpegno alla
fedeltà la necessaria conseguenza. Una dichiarazione di amore è una
dichiarazione di fedeltà. Amare una persona significa esserle fedele.
Lambito della fedeltà coniugale non è circoscritto
alla sfera sessuale, ma riguarda i vari momenti della vita in comune,
proprio perché il matrimonio è anche un crescere insieme in tutti
gli aspetti della propria personalità.
Oggi il problema della fedeltà acquista aspetti nuovi,
perché linserimento di entrambi i coniugi nella vita sociale
ha come conseguenza che marito e moglie hanno spesso ambiti professionali
e sociali diversi nei quali si stabiliscono relazioni molteplici.
Questo intrecciarsi di nuovi rapporti fra uomini e donne va visto
di per sé positivamente, perché sviluppa e approfondisce i doni personali
e favorisce ladempimento delle responsabilità sociali dei singoli.
Oggi cè chi pensa che lamore coniugale
possa dar luogo contemporaneamente a molte fedeltà parallele, che
non si escludono ma possono convivere e persino completarsi. Lanalogia
biblica del patto che illumina lunione di Cristo con la chiesa
fornisce però una indicazione diversa: la fedeltà al coniuge non ammette
rapporti paralleli sullo stesso piano; essi equivarrebbero a molte
infedeltà, cioè a nessuna fedeltà. La fedeltà coniugale, invece, ha
ben diversa ampiezza e profondità; essa si esprime nella fiducia reciproca,
e da essa derivano e sono sostenute anche la serietà, lefficacia
e la serenità dei rapporti che i singoli coniugi hanno sul piano sociale
e professionale. Lamore coniugale, infatti, non annulla o comprime
la personalità dei coniugi, ma la accetta e la rinvigorisce. Gioire
del reciproco inserimento nella società e della migliore realizzazione
delle reciproche doti e aspirazioni è il segno chiaro della fedeltà
coniugale.
1.6. Durata
Il matrimonio è un patto senza scadenze. Il rapporto
coniugale, comportando il dono totale delluomo e della donna
nellunione dei corpi e dei destini personali, non è a termine:
per sua natura e struttura è destinato a durare. La fedeltà tra i
coniugi è per la vita.
La durata del vincolo è affermata con forza dalla
parola di Gesù: "Luomo non separi ciò che Dio ha unito"
(Matteo 19,6).
Quando un uomo e una donna credenti si uniscono in
matrimonio, lo fanno nella persuasione, nutrita di speranza e di preghiera,
che il loro vincolo li associa e li impegna per la vita. Essi ricevono
come dono di Dio la realtà dellunione coniugale, chiamata a
durare per il tempo della loro esistenza terrena.
Ogni autentico rapporto damore reca in sé -
quasi come un riflesso dellamore di Dio - la promessa della
durata.
1.7. Famiglia e figli
La coppia coniugale per sua natura e struttura è
aperta alla vita e destinata a diffonderla sulla terra (Genesi 1,28).
Pertanto essa è ordinata alla procreazione; un uomo e una donna si
uniscono in matrimonio perché si amano e sul loro amore stanno molte
promesse, fra cui in particolare quella dei figli.
Pur dovendosi distinguere listituzione matrimoniale
da quella familiare, dotata ciascuna di valori propri, le due istituzioni
sono intimamente collegate tra loro e si sostengono a vicenda.
Il matrimonio si dimostra pienamente fecondo, oltre
che nella procreazione, anche in modi diversi, sia nella dimensione
familiare che in quella sociale, come spazio, strumento e scuola di
comunione operosa tra gli esseri umani (ad esempio: nelladozione,
affiliazione, affidamento, accoglienza, ospitalità, ecc.).
Va infine affermata la responsabilità dei genitori
anche verso i figli nati fuori del matrimonio, ai quali non può essere
negata una pari intensità di amore.
1.8. Famiglia, società, chiesa
La famiglia è destinata a svolgere nella società
un ruolo di edificazione, di coesione e di sviluppo, nel rispetto
e nella promozione della persona umana e della sua dignità.
Come cellula nella comunità cristiana, la famiglia
ha il compito di testimoniare, quale esempio vivente di un rapporto
di comunione, lamore di Cristo per la sua chiesa (Efesini 5,21ss.)
e di operare la prima evangelizzazione delle nuove generazioni.
1.9. Matrimonio misto
Un matrimonio tra cristiani appartenenti a confessioni
diverse, avviene "nel Signore" (I Cor. 7,39) e quindi nel
suo corpo, che è la chiesa.
I coniugi rimangono inseriti nelle loro comunità
con le proprie particolarità confessionali. La diversità e la separazione
delle comunità possono pesare negativamente sul rapporto di coppia.
Daltra parte, la coppia interconfessionale può contribuire ad
avvicinare le comunità, creando occasioni di incontro, dialogo, scambio
e, se possibile, momenti di comunione.
Le comunità, a loro volta, possono aiutare le coppie
interconfessionali promuovendo lo spirito ecumenico ciascuna al proprio
interno e nei loro reciproci rapporti, e offrire occasione per rimuovere
- per quanto possibile - impedimenti e ostacoli di varia natura (teologica,
giuridica, psicologica) che rendono difficile, a coniugi di diversa
confessione, vivere insieme la loro vocazione cristiana.
Quel che va comunque affermato e valorizzato è il
radicamento di ambedue i coniugi nella fede del comune Signore. Questo
radicamento assume di fatto forme e contenuti diversi nellapertura
alle sollecitazioni dello Spirito verso lunità, così da poter
auspicare, nella prospettiva di un cammino ecumenico, realizzato senza
forzature o strumentalizzazioni, una reciproca disponibilità di ogni
coniuge a partecipare ad alcune iniziative o momenti di vita della
comunità religiosa della comparte.
Essenziale è che i partners di una coppia interconfessionale
non allentino i vincoli con le rispettive comunità, ma al contrario
li rinsaldino. La loro esperienza, insieme ad altre, può diventare
luogo di verifica ed occasione di stimolo per la presa di coscienza
ecumenica delle chiese. La coppia interconfessionale, perciò, intende
vivere e testimoniare la propria fede nel Signore, che essa invoca
come fonte e artefice dellunità di tutti i cristiani.
Parte seconda
DIFFERENZE E DIVERGENZE
Quanto precede è ciò che la Chiesa cattolica e la
Chiesa valdese possono oggi dire insieme sul matrimonio. Si tratta
di punti fondamentali e qualificanti, sui quali il coniuge cattolico
e quello evangelico di una coppia interconfessionale potranno trovare
un solido terreno dincontro e motivi di vera comunione. Ciò
non toglie che tra la concezione cattolica e quella evangelica del
matrimonio permangano non piccole differenze e divergenze, che devono
essere conosciute e attentamente meditate in occasione della celebrazione
di un matrimonio misto.
2.1. Sacramentalità
La differenza maggiore tra le due confessioni circa
la dottrina del matrimonio riguarda la sua natura sacramentale o meno.
Secondo la Chiesa cattolica il matrimonio è uno dei
"sette sacramenti della Nuova Legge, istituiti da nostro Signore
Gesù Cristo" (Concilio di Trento, Sessione VI, Decreto sui sacramenti,
can. 1), per cui esso non appartiene solo allordine naturale
della creazione, ma anche a quello della redenzione. Il matrimonio
fra due battezzati è una realtà soprannaturale in quanto segno e strumento
dellamore redentivo di Cristo e, come tale, fonda la famiglia
cristiana, cellula primaria della comunità ecclesiale. Secondo la
dottrina cattolica il fondamento della sacramentalità del matrimonio
è il battesimo. Perciò ogni matrimonio fra due battezzati è considerato
sacramento. A motivo di questa sacramentalità la Chiesa cattolica
riconosce di avere la competenza per regolare, con una propria disciplina,
il matrimonio di quanti le appartengono. La normativa sui matrimoni
misti ne è un aspetto.
Secondo la Chiesa valdese il matrimonio è una realtà
della buona creazione di Dio, diventata una istituzione fondamentale
della società umana, che i credenti ricevono e vivono come un "dono"
(I Corinzi 7,7): "Nel matrimonio i coniugi credenti attuano come
coppia la loro vocazione cristiana", vivendola "quale espressione
particolare dellamore del prossimo e dellalleanza di grazia
che lega i credenti al loro Signore" (Sinodo valdese, Documento
sul matrimonio, n. 8). Il matrimonio non è considerato dalla Chiesa
valdese un sacramento.
Lesatta valutazione della differenza dottrinale
tra le due confessioni religiose dipende dalla diversa comprensione
dei sacramenti e della chiesa, nonché del loro ruolo nella vita della
fede e dalla diversità dei linguaggi che ne è derivata.
Questa diversa concezione del matrimonio non è priva
di conseguenze di varia natura: i coniugi dovranno esserne consapevoli.
La diversità può essere occasione di arricchimento reciproco, ma può
anche essere fonte di tensioni.
Ciascun coniuge si sentirà impegnato a rispettare
laltro nelle sue convinzioni e a non coartare in alcun modo,
diretto o indiretto, la sua coscienza. Piuttosto cercherà di comprenderne
le posizioni, mettendole in dialogo con le proprie, e ponendo le une
e le altre a confronto con la Parola di Dio.
Daltra parte, la diversa concezione della natura
sacramentale o meno del matrimonio non impedisce ad una coppia interconfessionale
di vivere cristianamente la propria unione, nella comune fede nel
Signore, nellamore e nella speranza, nella preghiera fatta insieme
e nellascolto costante della Parola divina - parola ecumenica
per eccellenza. Ciascun coniuge manterrà un rapporto vivo e leale
con la propria comunità e cercherà - ove possibile - di condividere
nella chiesa del coniuge momenti di preghiera e di riflessione biblica.
Facendo della loro vita in comune uno spazio aperto
di comunione, dialogo e servizio al prossimo, i coniugi di una coppia
interconfessionale formeranno una piccola ma viva cellula aperta al
cammino ecumenico, significativa non solo per le loro comunità di
appartenenza, ma anche per la più grande comunità umana.
2.2. Indissolubilità
Una seconda divergenza dottrinale e disciplinare
riguarda lindissolubilità del patto coniugale.
Concordemente si riconosce che il matrimonio è un
patto senza scadenze, anche se diversi sono i modi di esprimerlo e
diverse sono le conseguenze che se ne traggono da parte cattolica
e da parte evangelica.
Secondo la Chiesa cattolica il patto damore
coniugale, configurato da Dio nella creazione ed elevato nella fede
a significare ed attuare il mistero dellamore di Cristo, esige
come conseguenza lindissolubilità, la quale comporta tra i contraenti
il vincolo dellamore reciproco nel dono perpetuo della vita.
Non è quindi ammesso il diritto al divorzio, né sono possibili le
seconde nozze conseguenti ad esso.
Anche la Chiesa valdese afferma che la vocazione
rivolta alla coppia è di "essere uniti in una comunione di vita
duratura", per cui "di fronte al modo cristiano di vivere
il matrimonio leventualità del divorzio non si pone" (Sinodo
valdese, Documento sul matrimonio, n. 57). Daltra parte si riconosce
lesistenza di crisi coniugali che possono sfociare in situazioni
di rottura insanabile, in cui non è più possibile chiedere ai credenti
"in nome dellEvangelo, la rinuncia al divorzio" (n.
59). In tal caso la possibilità di nuove nozze in chiesa da parte
dei divorziati non è esclusa, ma è convenientemente disciplinata (n.
60), anche se "in linea di principio la Chiesa valdese non è
favorevole" a consentirvi. Daltra parte, la Chiesa valdese
non riconosce provvedimenti di organi ecclesiastici cattolici, che
dichiarino la nullità di matrimoni o concedano lo scioglimento a norma
del diritto canonico. Tuttavia potranno essere celebrate nuove nozze
di coloro che abbiano usufruito di tali provvedimenti - con le stesse
modalità previste per i divorziati -, qualora lo stato libero degli
interessati sia certificato da organi dello Stato.
La diversità a livello dottrinale e disciplinare
tra la Chiesa cattolica e quella valdese in ordine alla indissolubilità,
nulla toglie alla comune volontà dei coniugi di una coppia interconfessionale
di costruire un rapporto damore e di comunione che duri tutta
la vita, tanto più nella condivisione della stessa fede in Cristo
e nella comune volontà di vivere la sua Parola: "Luomo
non separi ciò che Dio ha unito" (Matteo 19,6).
La prospettiva della rottura del vincolo esula dal
consenso dato nella fede.
Dal punto di vista cattolico la diversità dottrinale
e disciplinare, pertanto, non influisce necessariamente sulla validità
del matrimonio, a meno che uno o ambedue i coniugi, con atto positivo
della volontà, escludano fin dal momento delle nozze lindissolubilità,
ossia un patto coniugale stabile e duraturo per tutta la vita.
La volontà dei coniugi di edificare una comunione
stabile di vita e di amore nel comune riferimento a Cristo li incoraggerà
ad approfondire insieme il senso e la portata delle posizioni diverse
delle loro rispettive confessioni su questo ed altri aspetti della
dottrina matrimoniale, nella prospettiva di un cammino ecumenico da
percorrere con fiducia, nellattesa dellunità dei credenti
invocata come dono dello Spirito.
2.3. Fecondità e procreazione
In questo ambito le divergenze sono sostanzialmente
due. La prima riguarda la procreazione. Secondo la dottrina condivisa
dalla Chiesa valdese e da quella cattolica, lapertura alla vita
è iscritta nella trama stessa dellamore coniugale. Tuttavia,
a differenza di quella valdese, la Chiesa cattolica ritiene che lesclusione
della prole con atto positivo di volontà di uno o di ambedue i coniugi
al momento della celebrazione renda nullo il matrimonio.
La divergenza, considerata a livello puramente dottrinale,
non mette in questione da parte cattolica la validità dei matrimoni
misti tra evangelici e cattolici, se la coppia si costituisce per
realizzare il suo proposito damore (che secondo il disegno divino
- Genesi 1,28 - è aperto alla procreazione e ad essa ordinato con
una generosa disponibilità alla vita) e se non esclude, con atto positivo
di volontà, la prole. Se questultima condizione non fosse osservata,
il vincolo sarebbe considerato nullo da parte cattolica.
La seconda divergenza riguarda la regolazione delle
nascite. Entrambe le chiese condividono il principio secondo cui la
regolazione delle nascite rientra nel campo della responsabilità umana
e cristiana degli sposi. Vi è però diversità di giudizio circa la
liceità morale di alcuni metodi di regolazione delle nascite.
Questa questione non riguarda la natura del matrimonio
né la sue proprietà essenziali e, come tale, non incide sulla validità
del matrimonio misto. Essa tuttavia va presa in seria considerazione,
perché riguarda un aspetto importante della vita matrimoniale: è quindi
opportuno che i coniugi laffrontino e la chiariscano prima delle
nozze. Come per altre questioni della vita di coppia, così deve valere
anche per questa il principio del rispetto da parte di ciascun coniuge
della coscienza dellaltro, escludendo ogni costrizione o imposizione
e cercando insieme, nella libertà e nella carità, soluzioni soddisfacenti
per entrambi.
2.4. Educazione religiosa dei figli
Il problema delleducazione religiosa dei figli
delle coppie interconfessionali presenta aspetti molto delicati, che
richiedono tutta lattenzione e limpegno dei credenti e
delle chiese sul piano dei rapporti ecumenici.
La disciplina della Chiesa cattolica è espressa nel
canone 226, § 2 del Codice di diritto canonico, il quale - ispirandosi
alle enunciazioni del decreto Gravissimum educationis del Concilio
Vaticano II - afferma: "I genitori, poiché hanno dato ai figli
la vita, hanno lobbligo gravissimo e il diritto di educarli;
perciò spetta primariamente ai genitori cristiani curare leducazione
cristiana dei figli secondo la dottrina insegnata dalla chiesa".
In attuazione di questo principio, la Chiesa cattolica richiede ai
nubendi cattolici, che si decidono per un matrimonio misto, la formale
promessa di "fare quanto è in loro potere perché tutti i figli
siano battezzati ed educati nella Chiesa cattolica" (can. 1126,
§ 2). Tale promessa non è altro che la sanzione del diritto naturale
dei genitori. Il Codice di diritto canonico prescrive che essa sia
fatta conoscere alla parte non cattolica (can. 1125, nn. 1 e 2).
Secondo la Chiesa valdese, "essendo i genitori
gli unici responsabili di fronte a Dio degli impegni che hanno verso
di lui circa i loro figli, ad essi spetta ogni decisione riguardo
al battesimo e alleducazione cristiana dei figli nati da un
matrimonio interconfessionale". Anche in questi casi la chiesa
non richiede una promessa formale, ma "sostiene i genitori e
li conforta nelladempimento dei loro doveri" (Sinodo valdese,
Documento sul matrimonio, n. 31) e ricorda sempre la responsabilità
personale del credente "di testimoniare della sua fede al proprio
coniuge ed ai figli" (n. 32).
Per entrambe le chiese leducazione dei figli
è un diritto-dovere di ambedue i genitori. Pertanto ognuno di essi
deve tener presente lanalogo diritto-dovere del coniuge e il
diritto dei figli di ricevere tale educazione in un quadro pedagogicamente
valido, cioè in un ambiente di concordia e di comunione familiare
e non di contesa e di contrasto, che potrebbe provocare in loro uno
stato di indifferenza religiosa.
Leducazione cristiana dovrà essere impartita
fin dai primi anni di vita e non rimandata al periodo di maggiore
età dei figli. Il relativo problema dovrà quindi essere affrontato
dalle due parti fin dalla fase di preparazione delle nozze. In nessun
caso dovrà essere privilegiata una linea agnostica, neutrale o confusa,
anche se adottata con lintenzione di rimettere in seguito la
soluzione del problema alla libera decisione dei figli.
Leducazione religiosa della prole è un problema
che dovrà essere affrontato con grande senso di responsabilità, in
una visione dinamica sia della vicenda coniugale dei genitori sia
della progressiva maturazione di coscienza dei figli, valutando attentamente
le ragioni e le conseguenze degli indirizzi che si assumono, e procurando
che leducazione stessa risulti, per quanto possibile, omogenea
e completa. La responsabilità delleducazione cristiana dei figli
è sempre di entrambi i genitori.
È comunque fondamentale che leducazione cristiana
dei figli nati in un matrimonio misto sia svolta con spirito ecumenico
e consista primariamente nella presentazione dellopera di Dio,
quale è testimoniata dalla Parola biblica, avente il suo centro vivente
in Cristo, che è e rimane il punto di riferimento della fede di ciascuno;
in lui infatti siamo battezzati e a lui apparteniamo, in vita e in
morte, facendo parte del suo corpo (I Corinzi, 12).
Tenendo conto della diversità confessionale delle
due chiese, si dovrà procedere con molta delicatezza e comprensione
reciproca. La necessità, alla luce delle considerazioni che precedono,
di un indirizzo omogeneo e non confuso comporterà lassunzione
di un impegno particolare da parte di uno dei due genitori. Dovrà
però, in ogni caso, essere rispettato il diritto-dovere dellaltro
di testimoniare la propria fede con la parola e con lesempio,
anche come impegno educativo, in modo da rendere tutti i membri della
famiglia in grado di cogliere il valore della propria confessione
religiosa, sempre aperta alla ricerca della Verità.
In questa prospettiva la Chiesa cattolica e la Chiesa
valdese, ricordano a entrambi i coniugi il loro impegno verso il Signore
che li ha chiamati al suo servizio, e ricordano altresì al coniuge
membro della propria comunità i suoi impegni verso la comunità stessa,
la sua dottrina e la sua disciplina. Nel contempo esse escludono ogni
forma di pressione da parte loro sulla coscienza dei coniugi e da
parte di ciascun coniuge sulla coscienza dellaltro, e si impegnano
a rispettare di conseguenza le decisioni che essi, nellesercizio
responsabile del loro diritto, prenderanno in ordine al battesimo
e alla educazione religiosa dei figli.
2.5. Aspetti pratici derivanti dalla divergenza dottrinale
e disciplinare
Le divergenze dottrinali tra la Chiesa cattolica
e la Chiesa valdese in ordine al matrimonio in generale e al matrimonio
misto in particolare hanno dato luogo in passato a discipline notevolmente
contrastanti, creando molte difficoltà alla celebrazione dei matrimoni
misti e non di rado hanno causato sofferenze a uno o allaltro
dei coniugi, o a entrambi.
La Chiesa cattolica considerava la diversità di confessione
religiosa tra cristiani come un "impedimento", e imponeva
al coniuge non cattolico le "cauzioni" circa la fede della
parte cattolica, il battesimo e leducazione cattolica dei figli
nati dal matrimonio misto.
Il nuovo Codice di diritto canonico ha tolto limpedimento
e, per quanto riguarda la coerenza religiosa e leducazione dei
figli, esige solo dalla parte cattolica limpegno a comportarsi
in conformità alla propria fede e il dovere di rendere noto tale impegno
al proprio partner.
La legislazione canonica odierna, sempre per quanto
riguarda la parte cattolica, non contempla disposizioni che non siano
già previste anche per i matrimoni tra cattolici:
a) "procedura investigativa prematrimoniale",
al fine di verificare eventuali ostacoli alla validità e alla liceità
del matrimonio e accertare le disposizioni della parte cattolica per
una fruttuosa celebrazione;
b) la "forma canonica", per esprimere la
dimensione religiosa delle nozze e certificarne la celebrazione;
c) infine, la "licenza" dellOrdinario,
in analogia a quanto richiesto nei casi di matrimoni che presentano
difficoltà particolari.
Queste disposizioni, coerenti con il concetto di
corpo sociale e giuridico che la Chiesa cattolica ha di se stessa
e con la visione ecclesiale-sacramentale del matrimonio, riguardano
direttamente la sola parte cattolica, ma indirettamente coinvolgono
anche la parte non cattolica per lintrinseca unitarietà del
patto matrimoniale.
La Chiesa valdese, pur disciplinando con proprie
norme la celebrazione del matrimonio, non prevede procedure che coinvolgano
il coniuge cattolico, e comunque non condiziona ad esse la validità
del matrimonio.
Il diverso contenuto delle due discipline può far
sorgere delle difficoltà, le quali tuttavia potranno essere superate,
nel rapporto ecumenico tra le due chiese, alla luce del fondamentale
principio della mutua comprensione nella "reciprocità".
Stante lasimmetria tra le due discipline, cioè la non perfetta
corrispondenza di diritti e di doveri, le due chiese si impegnano
a tener conto per quanto possibile delle specificità di ciascuna e
ad agire perché ciascuno dei due coniugi goda di pari dignità, riconoscendo
allaltro gli stessi diritti e gli stessi obblighi che rivendica
a se stesso.
In tale contesto molti ostacoli derivanti dalla diversità
delle rispettive normative possono essere superati, ove ciò è possibile,
da opportuni provvedimenti di esecuzione delle norme disciplinari
entro i limiti di competenza dei soggetti che hanno stipulato il presente
accordo.
Le difficoltà per la celebrazione di un matrimonio
misto connesse ad istituti del diritto canonico (quali la forma canonica,
la dispensa, la licenza, ecc.) possono essere superate adottando la
seguente procedura: i nubendi, dopo aver adempiuto agli obblighi derivanti
dallappartenenza alle proprie comunità, raggiungeranno un accordo
circa la forma della celebrazione che riterranno più adatta ad impostare
la loro vita coniugale nello spirito di fede e nellintento di
realizzare un cammino ecumenico tra loro e nella famiglia. Tale accordo
sarà accolto con gradimento dalle rispettive comunità. Da parte cattolica,
lOrdinario potrà considerarlo come motivo valido per giustificare
una auspicata concessione della dispensa dalla forma canonica alla
parte cattolica, dopo aver adempiuto quanto prescritto dal can. 1127,
§ 2, del Codice di diritto canonico (consultazione dellOrdinario,
nel cui territorio si celebreranno le nozze).
In questo caso, compiuto il regolare procedimento
"giuridico-pastorale" svolto ai fini ecclesiastici, lOrdinario
rilascerà alla parte cattolica l"autorizzazione" a
procedere al matrimonio, con lindicazione dellaltra parte
contraente e della forma della celebrazione.
Il coniuge cattolico e il coniuge valdese o metodista
avranno cura che il loro matrimonio, celebrato in tale accordo fuori
della loro chiesa, venga poi registrato presso la propria comunità
religiosa, ove ciò sia richiesto e in conformità alla disciplina di
questultima.
Va tuttavia tenuto presente che allo stato attuale,
nonostante la buona volontà della Chiesa cattolica e di quella valdese,
non è possibile il riconoscimento reciproco di tutti i matrimoni celebrati
nelle rispettive chiese, a causa del diverso giudizio sulla loro validità.
Così non è consentito allOrdinario di dare licenza al matrimonio
di un cattolico con persona non cattolica se vi sono impedimenti da
cui egli non può dispensare (ad esempio: precedente vincolo, ordine
sacro, ecc.) o qualora emergano altri motivi di nullità secondo la
dottrina cattolica (esclusione dellindissolubilità, della prole,
ecc.), anche se tali matrimoni sono consentiti dalla Chiesa valdese.
Per converso, la Chiesa valdese non attribuisce rilevanza
ai matrimoni senza effetti civili, la cui celebrazione è espressamente
prevista dalla normativa cattolica.
Parte terza
INDICAZIONI ED
ORIENTAMENTI
CIRCA LA PASTORALE DEI MATRIMONI MISTI
3.1. Limpegno delle chiese
Il confronto stabilito fra la Chiesa cattolica e
la Chiesa valdese nei capitoli precedenti ha messo in luce il fatto
che, pur rimanendo le difficoltà dovute alle diversità confessionali,
i matrimoni misti possono oggi essere visti nel loro aspetto positivo
per lapporto che possono dare al movimento ecumenico, specialmente
quando ambedue i coniugi sono fedeli alla vocazione cristiana nella
loro chiesa.
È auspicabile, quindi, che si sviluppi unintesa
pastorale che impegni non soltanto i ministri delle due chiese, ma
le stesse comunità, creando un ambiente spirituale che garantisca
unautentica testimonianza della comune fede nellEvangelo,
un chiaro confronto dinanzi alle diversità confessionali e una ricerca
serena delle soluzioni migliori dei problemi che si possono porre
in casi particolari.
Questa intesa pastorale potrà abbracciare le diverse
fasi attraverso le quali si realizza il progetto di un matrimonio
misto.
3.2. La preparazione al matrimonio
La Chiesa cattolica e la Chiesa valdese ritengono
che il matrimonio celebrato nella fede cristiana è risposta ad una
vocazione del Signore e, come tale, richiede unadeguata informazione
e preparazione nel corso delliter formativo di ogni credente
battezzato.
È necessario che ciò avvenga già nella catechesi
delle chiese locali, con particolare riguardo al problema dei matrimoni
misti: è la comunità intera che deve essere informata e preparata
al riguardo.
Quando, poi, un membro della comunità cattolica o
valdese annuncia alla propria comunità la sua intenzione di contrarre
matrimonio con una persona dellaltra confessione cristiana,
è anzitutto necessario far presente che sia per luna che per
laltra chiesa lesperienza dellunione coniugale va
vissuta nel quadro della fede, in quanto segno del "mistero grande",
cioè dellamore di Cristo per la sua chiesa (Efesini 5,32). Lunione
coniugale così compresa realizza unintima comunione di vita
e di amore, aperta alla solidarietà e alla corresponsabilità nella
società religiosa e civile.
Fatte presenti le difficoltà che emergono in un matrimonio
misto - difficoltà che possono ripercuotersi sullandamento della
vita familiare e sulleducazione della prole -, saranno indicati
gli aspetti positivi per il reciproco arricchimento nella fede dei
coniugi e per lapporto al movimento ecumenico. Sarà loro ricordato
che entrambe le chiese li accompagneranno sempre con la loro solidarietà.
Poste queste premesse, i nubendi saranno esortati
a non trarre motivo dalle loro difficoltà per intiepidirsi nella fede
e trascurare la partecipazione alla vita della loro comunità. La loro
fede comune in Cristo li sosterrà nel loro amore reciproco.
Il ministro di culto, a cui uno o ambedue i nubendi
si saranno rivolti per chiedere informazioni sul loro progettato matrimonio,
inviterà gli interessati, se non manifestano volontà contraria, a
prendere contatto col ministro di culto dellaltra confessione
religiosa non ancora interpellato.
Di fronte alla volontà espressa da ambedue i nubendi
di celebrare un matrimonio che sia riconosciuto da entrambe le chiese,
i ministri procederanno in pieno accordo alla loro preparazione al
matrimonio, nel rispetto delle disposizioni disciplinari delle proprie
comunità, in una atmosfera di fraterna e reciproca collaborazione.
Ognuno di essi inviterà pertanto ambedue i nubendi
ad un colloquio specifico preparatorio delle nozze in ordine agli
adempimenti previsti dalla disciplina della propria comunità; adempimenti
che possono coinvolgere indirettamente anche il membro dellaltra
comunità, il quale, a garanzia della libertà della propria coscienza,
potrà far partecipare al colloquio il proprio ministro.
Nellambito di questi incontri preparatori i
ministri di culto, se lo crederanno opportuno, oltre allapplicazione
della prassi delle rispettive chiese, in cordiale intesa tra loro,
potranno curare la realizzazione di alcuni incontri in comune, per
disporre i nubendi ad avviare, nella loro vita coniugale, un cammino
ecumenico.
Le difficoltà obiettive che eventualmente emergessero
circa la validità delle nozze, leducazione della prole e la
scelta della forma della celebrazione, saranno risolte secondo le
linee concordate nella seconda parte del presente testo comune.
3.3. La celebrazione del matrimonio
La Chiesa valdese afferma che "i credenti sanno
per fede che il loro matrimonio è contratto dinanzi a Dio, qualunque
sia la forma nuziale che essi decidono di seguire per darne pubblica
certificazione" (Sinodo valdese, Documento sul matrimonio, n.
15); essa tuttavia ha una propria liturgia nuziale, perché ritiene
che "dovrebbe essere spontaneo per i credenti rendere pubblica
certificazione del loro matrimonio alla chiesa in cui vivono e con
cui testimoniano nel mondo".
La Chiesa cattolica, da parte sua, consapevole di
poter apporre condizioni alla validità del matrimonio, richiede al
contraente di confessione cattolica, come condizione per la validità
del matrimonio stesso, di celebrarlo nella forma canonica, sia ai
fini dellaccertamento delle nozze avvenute sia soprattutto per
dare testimonianza al valore sacro, ecclesiale-sacramentale, del consenso
matrimoniale.
Tuttavia, lOrdinario della Chiesa cattolica
potrà dispensare il fedele appartenente alla propria confessione dalla
detta forma canonica per i motivi precedentemente illustrati.
Il matrimonio misto potrà quindi essere celebrato
in diversi modi, che richiedono comunque da parte dei nubendi una
preparazione umana e cristiana tale da prendere coscienza del valore
naturale e di fede della loro unione coniugale.
La comunità cattolica e quella valdese auspicano
che la celebrazione del matrimonio sia accompagnata e sostenuta dalla
proclamazione della Parola di Dio e dalla professione di fede della
comunità presente.
a) Matrimonio secondo la forma canonica
Il matrimonio misto che si celebra secondo la forma
canonica suppone lattuazione degli adempimenti previsti in ordine
alla preparazione.
Il rito cattolico sarà abitualmente quello senza
Messa. La solenne celebrazione della Parola esprimerà lunità
di fede dei coniugi e ne darà testimonianza di fronte a congiunti
ed amici, ai quali permetterà di trovarsi attorno ad ununica
realtà, senza che alcuno si senta turbato da mancanza di rispetto
della propria coscienza.
Qualora i contraenti ne facessero richiesta, la disciplina
liturgica della Chiesa cattolica consente allOrdinario del luogo
di permettere la celebrazione durante la Messa.
Se gli sposi lo chiedono, è ammessa e gradita la
partecipazione, che non è concelebrazione, di un ministro o di una
rappresentanza della Chiesa valdese alla celebrazione del matrimonio.
In questo caso il solo ministro della Chiesa cattolica è autorizzato
a ricevere il consenso degli sposi. La presenza del rappresentante
della Chiesa valdese esprime la sollecitudine pastorale della sua
chiesa a favore della nuova coppia. Tale presenza attiva si potrà
tradurre, per esempio, in una partecipazione alla liturgia della Parola
e alla preghiera di intercessione.
b) Matrimonio secondo lordinamento valdese
La celebrazione del matrimonio misto secondo lordinamento
valdese, dopo lattuazione degli adempimenti previsti in ordine
alla preparazione e lautorizzazione dellOrdinario per
la parte cattolica, avviene secondo la liturgia prevista da tale ordinamento.
Se gli sposi lo chiedono, è ammessa e gradita la
partecipazione del ministro cattolico alla liturgia, come segno di
un servizio che si vuole rendere alla realizzazione di un progetto
unitario di vita coniugale cristiana.
Mentre il consenso sarà ricevuto dal ministro valdese,
la presenza del ministro cattolico, come quella del ministro valdese
nel matrimonio in forma canonica, non si configura come concelebrazione,
ma esprime la sollecitudine pastorale della Chiesa cattolica a favore
della nuova coppia.
c) Celebrazione davanti allufficiale di stato
civile
Qualora il matrimonio misto, con autorizzazione data
dallOrdinario alla parte cattolica a norma del diritto canonico
e secondo le indicazioni già date in questo testo comune, fosse celebrato
dinanzi allufficiale di stato civile, sarà compito dei ministri
delle rispettive confessioni preparare gli sposi alla comprensione
del valore dellatto che, anche nella forma civile, creerà il
loro vincolo coniugale nel senso cristiano.
La parte cattolica sarà invitata ad accostarsi in
precedenza ai sacramenti della penitenza e dellEucaristia.
In questi casi, al compimento dellatto civile,
si potrà far seguire, senza rinnovare la dichiarazione del consenso,
un incontro ecumenico, al fine dellannuncio dellEvangelo
e per invocare sui coniugi e sulla loro famiglia la benedizione del
Signore.
d) Matrimoni senza effetti civili
La Chiesa cattolica consente, in casi eccezionali,
con autorizzazione dellOrdinario, la celebrazione del matrimonio
in forma canonica senza effetti civili.
La Chiesa valdese non prevede alcuna forma di liturgia
per matrimoni a cui non conseguano gli effetti civili, né attribuisce
rilevanza a matrimoni senza effetti civili in altra sede celebrati.
In questi casi, come per i matrimoni celebrati secondo
lordinamento valdese e non validi per la Chiesa cattolica (es.
nuove nozze di divorziati), la diversità della dottrina e delle normative
tra le due chiese, pur non permettendo la preparazione in comune né
il reciproco riconoscimento delle nozze avvenute, non preclude lattenzione
pastorale delle rispettive comunità ai nuclei domestici così formati,
nel quadro di un cammino ecumenico.
3.4. Pastorale per le coppie interconfessionali
La presenza del Signore Gesù non si esaurisce nel
momento della celebrazione delle nozze, ma con la grazia da lui promessa
accompagna gli sposi in tutta la loro vita coniugale, che essi devono
realizzare come un cammino proteso verso il traguardo di una perfetta
unione.
È compito della comunità cristiana educare e sostenere
la coppia nellatteggiamento di continua conversione; esortarla
a chiedere consiglio per superare le molteplici difficoltà che dovrà
affrontare; stimolarla a crescere insieme nella fede e a coltivare
le virtù che rendono più ordinata e serena la vita in comune.
Con questo spirito la coppia si disporrà a vivere
con generosità la speciale esperienza di donazione nella paternità
e nella maternità di fronte alla nuova vita, che potrà scaturire come
dono divino della loro unione.
Coloro che si sono uniti in matrimonio nella fede
hanno quotidianamente bisogno dellascolto della Parola di Dio,
della preghiera in comune e del sostegno fraterno della comunità cristiana,
anche di fronte ai nuovi problemi e alle nuove responsabilità che
dovranno assumere nel corso della loro vita coniugale.
Si dovranno favorire, pertanto, i contatti di ciascuno
di essi con la comunità della comparte, sia nella sede propria che
negli incontri comuni di preghiera, in modo da offrire alla coppia
interconfessionale il conforto di una comprensione e di un aiuto ispirato
alla comune fede in Cristo e alla fiduciosa speranza in una unità
dei credenti, che sarà invocata come dono dallo Spirito.
Conclusione
Il presente testo, elaborato di comune accordo, è
stato concepito come un primo concreto passo nel cammino ecumenico,
in un campo particolarmente delicato e atto ad aprire la via ad ulteriori
sviluppi.
Nel rispetto delle reciproche posizioni, si è cercato
di cogliere con attenzione il patrimonio comune di fede e di interpretare
obiettivamente le divergenze che soltanto la fede in Cristo e la grazia
del Signore possono far superare.
Lauspicio è che il presente testo comune circa
i matrimoni misti contribuisca a incrementare la mutua comprensione
e a rinnovare il nostro impegno per un progressivo cammino ecumenico.
Esso è stato sottoposto allapprovazione della
Conferenza Episcopale Italiana e al Sinodo delle chiese valdesi e
metodiste, che decideranno di comune accordo come rendere operative
le indicazioni pastorali ivi contenute.
Roma, 16 giugno 1997
Il Moderatore
della Tavola Valdese
Gianni E. Rostan
Il Presidente
del Comitato Permanente
dellOpera per le Chiese
Evangeliche Metodiste in Italia
Pastore Valdo Benecchi
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Il Presidente
della Conferenza Episcopale Italiana
Camillo Card. Ruini |
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1 La Chiesa
valdese definisce matrimonio "interconfessionale" quello
che nel testo è definito matrimonio "misto".
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