"UNITI NEL BATTESIMO E NEL MATRIMONIO"

Documento preparatorio DELLE FAMIGLIE INTERCONFESSIONALI PER L’INCONTRO DI ROMA 2003

Questo documento è stato preparato per le persone interessate a qualunque titolo all’incontro mondiale delle famiglie interconfessionali che avrà luogo presso il Centro Mondo Migliore (Rocca di Papa – Roma) dal 24 al 28 luglio 2003. È il lavoro di rappresentanti di associazioni, reti e gruppi di famiglie interconfessionali di diversi paesi: anglofoni provenienti da Gran Bretagna, Irlanda, Australia, Canada e Stati Uniti; francofoni provenienti da Francia e Svizzera romanda, germanofoni di Germania ed Austria, insieme a gruppi Italiani. Alcuni di questi gruppi sono stati fondati negli anni 60, altri più di recente. Per poter testimoniare la nostra esperienza, dobbiamo spiegare come ci percepiamo. Cosa è una famiglia interconfessionale?

  1. INTRODUZIONE

Come famiglie interconfessionali riteniamo di essere in grado di fornire un contributo significativo alla ricerca di unità cristiana visibile delle nostre chiese. Molte persone hanno confermato questa nostra prospettiva. Come cristiani battezzati membri di due diverse comunità, siamo giunti a costituire insieme un patto matrimoniale per formare una chiesa domestica. Mentre cresciamo in quest’unità (iniziando e continuando) a condividere la vita ed il culto delle comunità a cui apparteniamo, noi sviluppiamo amore e comprensione non solo uno per l’altro, ma anche delle chiese che hanno dato a ciascuno di noi la nostra identità cristiana.

Così, le famiglie interconfessionali possono diventare sia un segno di unità che, un mezzo di crescita verso l’unità. Crediamo che le famiglie interconfessionali possano formare un tessuto connettivo che può dare un piccolo contributo al superamento della divisione e che può portare le nostre chiese verso l’unità del Corpo di Cristo, pur rispettando la diversità delle sue membra.

B, 1 Matrimoni misti e famiglie interconfessionali

Una famiglia interconfessionale comprende due coniugi che provengono da due chiese diverse. Entrambi mantengono l’appartenenza alla loro chiesa d’origine, ma partecipano alla vita ed al culto, quando possibile, nella chiesa del/della loro partner. Se hanno figli, esercitano, come genitori, una responsabilità condivisa nel Signore riguardante la loro educazione religiosa e insegnano loro, con la parola e l’esempio, ad apprezzare le tradizioni delle due chiese.

Queste sono le famiglie a cui ci riferiamo in questo documento.

Non ci sono, comunque, regole predefinite per le famiglie interconfessionali, ognuna di esse è unica e decide in modo autonomo come vivere il suo carattere di bi-ecclesialità.

Ci sono, peraltro, molti altri matrimoni misti che non, aspirano ad una relazione interconfessionale di questo tipo, e forse non vi aspireranno mai. Può accadere che uno o entrambi i partners non partecipino al culto e che abbiano un’appartenenza alla loro chiesa solo anagrafica; oppure può accadere che uno o entrambi professino la loro fede partecipando separatamente ai momenti di culto, della loro rispettive comunità di appartenenza. Questi matrimoni misti non possono propriamente essere definiti interconfessionali, ma non possono essere ignorati. Alcuni, di questi sono stati scoraggiati dal diventare pienamente famiglie interconfessionali – o anche dal frequentare insieme la stessa chiesa – a causa delle difficoltà che hanno incontrato, opposizioni di parenti, comunità o ministri senza impegno ecumenico o derivate da pregiudizi, da rilevante incompatibilità nella pressi cultuale o da atteggiamenti polemici preconcetti.

Tuttavia questi matrimoni debbono essere trattati come potenziali famiglie interconfessionali; sapendo che alcuni di essi in seguito lo sono diventati, avendo assunto piena consapevolezza degli elementi di fede cristiana che

Uno degli scopi delle associazioni e dei gruppi di famiglie interconfessionali è quello di incoraggiare altri matrimoni misti tra cristiani a diventare più pienamente e coscientemente famiglie interconfessionali.

B, 2 Il patto matrimoniale tra due cristiani battezzati

Quando due cristiani di diverse chiese si sposano, hanno già molti beni spirituali in comune sono figli dello stesso Padre, discepoli del solo Signore Gesù Cristo e destinatari dei doni dello Spirito Santo. Normalmente condividono anche il battesimo che è mutuamente riconosciuto dalla maggior parte delle chiese sia pure con delle eccezioni. (2)

Nel matrimonio, queste persone si uniscono in un patto per la vita allo scopo di amarsi e servirsi l’un l’altro in quello che sarà il loro comune cammino di fede e testimonianza cristiana.

In aggiunta a questa eredità comune, gli sposi arrivano al matrimonio con le loro identità distinte. Ciascuno è stato educato in una famiglia diversa, con particolarità etiche e di tradizione. Questo è vero per qualsiasi matrimonio.

Ciò che distingue un matrimonio interconfessionale è che l’identità cristiana di ciascun partner si è formata in una differente comunità cristiana con le sue particolari tradizioni di culto, insegnamento e spiritualità. Con il termine di "comunità cristiana" intendiamo quelle chiese che possono essere variamente descritte come denominazioni, confessioni, comunioni o chiese. Queste chiese non sono, in piena comunione le une con le altre e, in particolare, alcune di esse non riconoscono le altre come chiese in senso pieno.

In questa situazione di diversità e di ineguaglianza, gli sposi sono chiamati considerarsi reciprocamente come persone con uguali diritti e doveri e con una responsabilità condivisa per la loro vita famigliare.

Dal momento in cui il marito e la moglie iniziano la vita comune, debbono costruire la loro particolare tradizione di famiglia, che comprende alcune tradizioni delle loro famiglie di provenienza, integrate però in un nuovo schema di rapporti. Mettere in comune le due tradizioni famigliari vorrà dire includere inevitabilmente elementi di spiritualità cristiana che in origine erano distintivi di una o dell’altra chiesa. Alcune tradizioni specifiche possono, d’altra parte, non essere incluse in quanto inaccettabili per uno (o entrambi) i partners. In questo scambio spirituale, una famiglia interconfessionale cresce e si arricchisce e si rinnova.

B, 3 "L’appartenenza acclesiastica" della famiglia interconfessionale

Una famiglia interconfessionale, come ogni altra famiglia cristiana, può essere definita "chiesa domestica"in quanto rappresenta il Corpo di Cristo in quella casa. Ciò nonostante, quantunque rappresentino una sola chiesa nella loro casa, gli sposi rimangono fedeli membri di due diverse comunità ecclesiastiche nel loro quartiere e di due chiese divise nel mondo.

Come componenti del matrimonio vogliono condividere ciascuno quello che c’è di valido nella vita dell’altro includendo le ricchezze delle loro rispettive comunità cristiane. Questo non può di per sè costituire una formale appartenenza all’altra chiesa, dal momento che ciò non è normalmente ammesso dalle chiese stesse.

Dove è possibile gli sposi di una famiglia interconfessionale partecipano alla vita e al culto della chiesa del loro coniuge. Nel fare questo essi sono in grado di apprezzare le testimonianze che distinguono l’altra comunità ecclesiale ed iniziare a sentirsi di casa anche lì. Spesso si trovano ad essere accettati come facenti parte della comunità, pur rimanendo pienamente membri della loro chiesa d’origine.

A qualcuno è stato addirittura offerto di svolgere una responsabilità particolare nella congregazione del proprio coniuge (monitore, catechista, animatore, cantore o musicista). Le famiglie interconfessionali considerano la loro esperienza di partecipazione alla vita di due comunità come doppia appartenenza, doppio riferimento o, come ha suggerito un vescovo polacco doppia solidarietà. Comprendendo questa definizione non come formale appartenenza, ma come un’esperienza vissuta.

Le famiglie interconfessionali sono sempre state molto attente a non costituire quello che qualcuno definisce come una terza chiesa. Quando le famiglie interconfessionali si incontrano e pregano insieme, non pretendono di costituire una nuova chiesa cattolico/protestante, ma vivono nel loro matrimonio le speranze e le difficoltà del cammino verso l’unità dei cristiani" (Papa Giovanni Paolo II, 1982).

B, 4 "L’appartenenza di chiesa" dei figli delle famiglie interconfessionali

La responsabilità primaria nella crescita e nell’educazione cristiana dei figli appartiene ai genitori. Essi sono il primo maestro ed è naturale che entrambi i genitori vogliano condividere con i loro figli le ricchezze della comunità ecclesiastica di cui sono membri. (3)

C’è quindi una sostanziale differenza nel modo di percepire e vivere la "doppia appartenenza" da parte dei genitori e dei figli.

Nella maggior parte dei casi, i coniugi di una famiglia interconfessionale hanno dovuto operare una scelta cosciente per condividere l’esperienza della vita e del culto dell’altra chiesa, pur continuando a rimanere radicati in una sola tradizione.

I figli, invece, sono normalmente educati a sentirsi a loro agio nelle tradizioni di entrambi i genitori; quando questi ultimi hanno fatto il loro meglio per farli crescere nelle due comunità invitando i ministri delle due chiese a partecipare al loro battesimo, e facendo frequentare loro il catechismo nelle due chiese. Questi bambini, non possono appartenere ad entrambe le chiese per essi sarà difficile decidere in quale chiesa desiderano essere confermati. Questa scelta può essere percepita come una specie di esclusione nei confronti di uno dei genitori e della sua comunità alla quale sentono in qualche modo di appartenere. Può anche apparire loro un andare contro lo Spirito Santo che è creatore di unità nella diversità ma non nella discordia.

È anche per questa ragione che alcuni ministri ed alcuni genitori consigliano di decidere la chiesa in cui il bambino sarà membro prima del battesimo. Questa scelta non deve tuttavia impedire ai giovani di prendere una decisione definitiva una volta cresciuti.

Dobbiamo anche ascoltare le parole di alcuni nostri adolescenti che dicono: "Noi siamo noi ad essere nella confusione, se rifiutiamo di scegliere una chiesa o l’altra; siete voi, delle generazioni che ci hanno preceduto, che non siete stati sufficientemente critici verso le storiche divisioni delle chiese e avete fatto quasi nulla per superarle, dimenticando che Cristo ha fondato un’unica chiesa".

B, 5 Autorità e coscienza nelle famiglie interconfessionali

Le famiglie interconfessionali sono, per definizione, costruttrici di ponti e cercano di non dare scandalo (nel senso di sviare qualcuno dalla fede), ma di lavorare in armonia con i ministri e le comunità in cui pregano, in risposta alla preghiera di Cristo: "Che tutti siano uno". Esse si trovano spesso divise tra il "già" dell’unità delle loro chiese domestiche e il non ancora delle due comunità di appartenenza. Ci può dunque essere un conflitto tra quello che vorrebbero fare o che ritengono giusto per la loro vita famigliare e per la sua unità e gli atteggiamenti e regole delle loro rispettive chiese. Ci può essere tensione, tra la loro responsabilità per l’educazione cristiana dei figli e gli ordinamenti delle chiese per l’insegnamento religioso.

Non è sempre facile, in questo contesto, per le famiglie interconfessionali distinguere tra quello che esse vogliono, o quello che trovano più facile per loro, e quello che Dio li chiama a fare attraverso la loro coscienza. Molte regole e atteggiamenti delle chiese si sono formati ben prima che il movimento ecumenico acquistasse rilievo e influisse su di loro. Le famiglie interconfessionali riconoscono il principio secondo il quale andare oltre le regole non è andare contro le regole. Esse sono state particolarmente grate quando le loro preoccupazioni ed i loro bisogni sono stati presi in considerazione dalle chiese come, per esempio, nella "Direttorio per l’applicazione dei principi e delle norme sull’ecumenismo, 1993". Riconosciamo, inoltre, la necessità che le norme siano applicate tenendo conto dei casi particolari, dal momento che, non tutte le coppie miste hanno le stesse preoccupazioni, e gli stessi obiettivi rispetto a quelli che possono essere descritte come famiglie interconfessionali.

C, 1 IL CONTRIBUTO DELLE FAMIGLIE INTERCONFESSIONALI ALL’UNITÁ DEI CRISTIANI

Il testamento del cardinal Mercier diceva: "Per essere uniti uno all’altro, dobbiamo amarci l’un l’altro. Per amarci l’un l’altro, dobbiamo conoscerci reciprocamente, per conoscerci reciprocamente, dobbiamo incontrarci l’un l’altro". Le famiglie interconfessionali comprendono in modo particolare la verità di queste parole.

I doni dati a tutte le coppie sposate sono l’amore reciproco, un patto matrimoniale che lo sostenga e che lo aiuti a crescere in mutua conoscenza, a cui si può giungere solo vivendo insieme nella più stretta prossimità per un lungo periodo di tempo. Il dono ulteriore dato alle famiglie interconfessionali è il loro reciproco inserimento e la partecipazione alla vita delle chiese. Il valore di questa esperienza è inestimabile.

Quando i membri di una coppia interconfessionale si incontrano, spesso condividono l’ignoranza ed il pregiudiziodelle loro rispettive comunità, le quali ritengono che le differenze e le tensioni che sono causa della separazione siano insuperabili.

Ma dal momento che tali sposi si amano e si rispettano reciprocamente cercando di perdonare le reciproche debolezze, essi arrivano ad amare e rispettare la chiesa dell’altro. Imparano a comprendere che non tutte le differenze dividono, ma che molte sono complementari e possono portare all’arricchimento della diversità.

Gli sposi cominciano con due identità separate, vivendo insieme, gradualmente costruiscono su di esse una nuova identità famigliare che i loro figli erediteranno.

Quest’identità comune sarà radicata nel Dio trinitario, fonte e modello di tutte le relazioni d’amore nella vita famigliare cristiana, includendo elementi, tradizioni, atteggiamenti e pratiche presenti in entrambe le chiese e da esse reciprocamente accettabili.

Essi potranno avere o meno conoscenze teologiche, ma la loro esperienza vissuta nelle rispettive chiese difficilmente potrà essere superata.

C, 2 Crescente reciproca comprensione

L’impegno di amore comune incoraggia gli sposi ad esplorare la chiesa dell’altro. Questo conduce ad una reciproca comprensione che include le loro rispettive modalità di partecipare al culto, alla vita della chiesa, all’espressione della spiritualità, anche se questo non implica necessariamente l’adozione di pratiche devozionali o dottrine non compatibili con l’insegnamento specifico dell’una o dell’altra chiesa. Tali differenze, lungi dal rappresentare motivi di conflitto o di polemica, possono costituire oggetto di matura e fruttuosa riflessione.

Il confronto delle posizioni può trasformarsi in una più approfondita conoscenza reciproca e condurre alla gioiosa scoperta di quegli elementi comuni alle due chiese, che emergono dalla meditazione della Parola del Signore, rivolta in Cristo a tutti coloro che portano il nome di cristiano, indipendentemente dalla comunità di appartenenza e che possono diventare mutuo apprezzamento dei doni della chiesa dell’altro e una mutua correzione delle debolezze, pur nella comprensione

Del suo linguaggio, e nei modi di pensare, agire ed essere.

Le chiese in genere hanno mancato nel ricevere e nell’approfondire i testi ufficiali di accordo e di convergenza predisposti nei più recenti decenni dai teologi a ciò da esse delegati. I cristiani separati hanno letto questi testi alla luce dei loro valori, e strutture ereditate dalla storia delle loro chiese; retaggio di epoche di dure polemiche in cui ogni chiesa definiva se stessa in opposizione all’altra.

Le famiglie interconfessionali imparano concretamente che la Verità può essere espressa in modi diversi e che, molto spesso, più sono diversificati i modi di esprimerla, più a fondo possiamo penetrare nella sua realtà. Esse hanno il tempo di imparare che ciò che in prima battuta appare del tutto inaccessibile ad uno dei partners, può avere aspetti positivi quando viene vista da un’altra diversa angolazione. Esse imparano che le comunità ecclesiali che non sono in reale dialogo tra di loro, ma che ancora hanno una mentalità polemica sono probabilmente nel vero in ciò che affermano di se stesse e nell’errore in quello che negano degli altri. L’affermazione dell’unica Verità di Cristo contenuta nella sua Parola, deve costituire l’impegno costante delle chiese, in una ricerca e in un comune confronto tra di esse. Le coppie interconfessionali nel suggerire e promuovere incontri di studio biblico possono stimolare le chiese a progredire in questa direzione.

C, 3 Le famiglia interconfessionali come segni per le chiese nella loro strada verso l’unità

L’esistenza stessa delle famiglie interconfessionali dà un segno visibile di unità alle chiese. Per questo esse non richiedono nulla in cambio. Tali coppie non si sposano con lo scopo di costituire segno.

Nel passato, i matrimoni misti comportavano tali tensioni e dispute da essere addirittura considerati un segno negativo della vera unità tra i cristiani. Lo sviluppo del cammino delle chiese sono già in parziale comunione (koinonia) tra di loro ha contribuito a considerare in maniera più positiva l’esperienza delle coppie interconfessionali.

Tra le caratteristiche delle famiglie interconfessionali che offrono un segno visibile alle chiese nella loro strada verso l’unità ci sono:

  1. Un amore che non si accontenta di esistenze parallele e separate, ma che tende alla crescita dell’unità più profonda
  2. Il patto matrimoniale che dà espressione formale a quest’amore e fornisce un sostegno istituzionale che l’incoraggia a crescere.
  3. La vita comune sotto lo stesso tetto che permette alla coppia di entrare uno nella vita dell’altro e che porta a conoscere l’altro ad un livello più profondo.
  4. Condividere le risorse e definire insieme come queste debbano essere usate in maniera responsabile per il bene di tutta la famiglia e del prossimo.
  5. Pentimento e reciproco perdono quando sorgono tensioni negative
  6. Condividere la responsabilità nell’educazione dei figli e nella celebrazione degli eventi famigliari di carattere religioso nel modo più unitario possibile.
  7. Essere ospitali verso gli altri e sensibili ai bisogni particolari di ciascuno, così che nessuno sia obbligato ad agire contro la sua coscienza.

Le famiglie interconfessionali invitano le chiese a riflettere su questi segni e a considerare come usarli, adattandoli nelle loro relazioni reciproche.

C, 4 L’impegno pratico delle famiglie interconfessionali come modo di riavvicinare le chiese

Dal momento che le coppie interconfessionali si amano e che crescono i figli in questo amore, esse sono profondamente motivate ad essere presenti nelle loro chiese e a contribuire a mettere in luce gli elementi evangelici comuni e a crescere nell’unità. Lo fanno in più modi.

Prima di tutto esse incontrano i membri delle diverse comunità e quindi viene gradatamente costruito un ponte di comprensione reciproca. Inoltre può manifestarsi la gioia di pregare insieme, scoprendosi parte di una comunità più vasta.

In secondo luogo, diventando ambasciatrici dell’altra chiesa, la cui voce può essere udita e compresa Approfondendo ciascuno i contenuti e le espressioni di fede della loro comunità di appartenenza, sono in grado di meglio presentarli ai membri dell’altra comunità, evitando così di suscitare atteggiamenti polemici o caricaturali nei confronti della loro chiesa.

In terzo luogo, a causa della loro più alta motivazione, le coppie interconfessionali sono più portate di quelle monoconfessionali a mantenere aggiornato il dialogo tra le chiese, condividendo pensieri e considerazioni con membri dell’altra comunità. In un momento in cui i responsabili ecumenici si lamentano del fatto che i testi sulla convergenza del dialogo non sono fatti propri dalle chiese, il loro contributo può diventare insostituibile per rendere noti documenti come la "Carta Ecumenica" votata congiuntamente a Strasburgo nella Pasqua del 2001 tra il Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa e la Conferenza delle Chiese d’Europa, come linea guida per la crescita della collaborazione tra le chiese.

In quarto luogo, i membri della famiglia interconfessionale sono normalmente molto più attivi nel partecipare ad incontri e dibattiti ecumenici ed a inserirsi nelle strutture ecumeniche delle chiese locali.

In quinto luogo, quando una famiglia interconfessionale ha una celebrazione importante, spesso invita i ministri e i membri delle due chiese a parteciparvi, permettendo ad altri di scoprire l’importanza e la gioia di sentirsi uniti nel Signore. Come ad esempio, per il matrimonio, per i battesimi o la presentazione dei figli, per una prima comunione, per la confermazione di un giovane, per un anniversario di matrimonio, per un funerale.

In questi ed in altri modi, le famiglie interconfessionali formano un tessuto connettivo che si estende tra le chiese, fornendo un incoraggiamento per portare le comunità ad avvicinarsi ulteriormente le une alle altre.

 

D. 1 - CURA E SOSTEGNO PASTORALE

I responsabili delle chiese hanno più volte sottolineato come la ricerca dell’unità della Chiesa di Cristo sia parte integrante della vita di ogni cristiano.

Le famiglie interconfessionali non possono adempiere alla loro vocazione di essere segno e mezzo dell’unità tra le loro chiese se non sono accolte, capite e sostenute dai membri di chiesa e dai pastori.

Nel passato, le famiglie interconfessionali erano considerate come un problema, specialmente dai loro pastori.

Nelle coppie interconfessionali i pastori incontrano persone provenienti da chiese diverse, le cui aspettative, specialmente in relazione a problemi quali l’educazione religiosa dei figli e l’ammissione alla comunione appaiono spesso in conflitto con le leggi e norme ecclesiastiche delle loro chiese.

In mancanza di reciproci e chiari accordi tra le chiese i problemi delle famiglie interconfessionali erano ritenuti senza soluzione. Alcuni pastori presentavano le regole della loro chiesa in una maniera intransigente scostante, che non aiutava. Come risultato, molte coppie si allontanavano dalle chiese. Fortunatamente un crescente numero di pastori sono oggi più vicini a questa realtà e si sforzano di capire le speranze e le aspettative delle coppie e di fare ciò che è nelle loro possibilità, all’interno delle regole delle proprie chiese, per rispondere alle attese della coppia. Anche se la decisione finale (per esempio sull’ammissione alla comunione) può essere negativa, è importante l’atteggiamento non ostile da parte dei pastori. Quest ’ atteggiamento può essere determinante nell’incoraggiare le coppie a partecipare al culto, ovvero, dove questa comprensione manca, di allontanarsi del tutto dalle chiese.

Quando le famiglie interconfessionali sono accolte in entrambe le chiese con un cordiale benvenuto, il loro impegno interconfessionale può diventare un dono ed un segno visibile per le chiese sulla via di una più profonda fraternità nel Signore.

 

D,2 atteggiamenti pastorali accoglienti e rispettosi

Le famiglie interconfessionali ricercano e vogliono partecipare alla vita delle loro chiese in cui il loro dono e la loro vocazione possano essere riconosciuti, rispettati, e accolti per il bene. Delle famiglie stesse e delle comunità.

La frequenza regolare di uno degli sposi alla vita della comunità dell’altro non deve essere interpretata come un passo verso la sua "conversione", tanto meno utilizzata come un’opportunità di proselitismo. Queste persone debbono essere trattate per quello che sono, non con freddezza, ma neppure sovraccaricati immediatamente di richieste come se fossero degli esperti di questioni ecumeniche .

Nella vita delle nostre chiese, le regole e le tradizioni, che regolano la comunità, spesso creano momenti di tensione per le famiglie interconfessionali. Queste vogliono partecipare alla vita dell’altra comunità nella misura in cui il tempo e la loro coscienza glielo consentono e non desiderano sollevare problemi o essere di scandalo.

Le famiglie interconfessionali invitano le chiese ad esplorare i ruoli in cui possono offrire un contributo positivo alla comunità e modi in cui essi possono da queste essere nutriti, mentre insieme fanno questo cammino verso una maggiore reciproca conoscenza e comprensione.

Come contributo a questo dialogo solleviamo questi argomenti.

D,3 Cura pastorale congiunta

Le famiglie interconfessionali si rendono conto che non è sempre possibile che entrambi i pastori delle due comunità possano incontrarsi con loro ed esercitare insieme la cura pastorale . Questo può apparire particolarmente difficile quando, in vista della preparazione al matrimonio i due sposi vengono da località molto distanti. Tuttavia quando è possibile, l’incontro dei due pastori deve essere considerato la soluzione migliore.

Si deve, ovviamente, trattare di un prendersi cura e non semplicemente di trasmettere informazioni sulle questioni regolamentari o liturgiche. Il prendersi cura deve tenere conto della situazione della coppia e della loro libertà di coscienza sia come individui che come coppia in vista delle decisioni comuni evidenziando le cose che, come cristiani, possiamo dire in comune sul matrimonio" (4). A causa della responsabilità condivisa della coppia, la cura pastorale deve essere esercitata dai due ministri e non solo da uno di loro .

D,4 Preparazione al matrimonio

La maggior parte delle chiese organizza un’adeguata preparazione per le coppie che desiderano sposarsi.

Tuttavia , l’aumento del numero dei matrimoni tra cristiani di diverse comunità ecclesiali ha fatto si che, in alcune località, questi matrimoni sono più numerosi di quelli tra membri della stessa chiesa.

Da qui la necessità per i matrimoni interconfessionali di ricevere una preparazione che tenga conto della loro diversità ecclesiastica.

Le chiese locali nella preparazione di tali matrimoni,dovrebbero anche valersi del contributo di elementi laici o di coppie interconfessionali in grado di portare le loro esperienze personali.

D,5 I bambini nella famiglia interconfessionale

Una delle più delicate responsabilità a cui i genitori devono saper rispondere è l’educazione religiosa dei figli.

Per le famiglie interconfessionali ciò comporta una sfida aggiuntiva ed è giusto che i futuri sposi affrontino l’argomento prima del matrimonio anche se, l’esperienza insegna, non deve necessariamente presa una decisione in quel momento una decisione definitiva, sia per quanto concerne il battesimo che per l’educazione religiosa dei figli. Non è infatti inusuale che i coniugi cambino idea dopo la nascita del bambino. Una decisione presa in astratto prima del matrimonio può apparire del tutto inapplicabile, qualche anno più tardi in una situazione particolare del tutto mutata.

Le famiglie interconfessionali sono quindi grate per i risultati raggiunti in seguito al dialogo tre le chiese che rispettano la loro libertà. . Le promesse relative al battesimo dei figli competono in e ugual misura ai due coniugi, entrambi responsabili della loro forma. L’impegno che i genitori devono assumere nel Signore deve essere concordato in un leale confronto e in spirito di preghiera. Senza dimenticare il reciproco riconoscimento del battesimo stabilito dalle due chiese.

Nonostante questi cambiamenti, l’argomento dell’educazione religiosa dei figli è troppo spesso presentato in maniera eccessivamente drastica.

Al riguardo l’uso può essere sufficiente per il ministro accertarsi che il coniuge della propria chiesa desideri seriamente condividere la sua fede con i suoi figli. Il coniuge cattolico,in questa situazione, non incorre nella censura prevista dal Codice di Diritto Canonico. (6)

La formazione alla fede cristiana, di cui entrambi i coniugi sono responsabili, è un processo in divenire, che può essere interpretato in modi diversi nelle diverse comunità ecclesiali ed è spesso determinato dai passi successivi del battesimo, della confermazione e della prima comunione. È volontà delle famiglie interconfessionali che questi eventi assumano il più possibile un carattere ecumenico, in cui entrambe le chiese operino un ruolo riconoscibile.

 

D,6 Celebrazioni miste per avvenimenti diversi.

Uno degli sviluppi più interessanti per le famiglie interconfessionali è stata la possibilità aperta ai rispettivi ministri di partecipare congiuntamente alla celebrazione del matrimonio. Ciò è stato favorito dalla concezione cattolico- romana, secondo la quale i ministri del matrimonio sono gli sposi stessi. Questo dovrebbe contribuire a consolidare il mutuo riconoscimento del matrimonio da parte di entrambe le chiese e costituire un precedente per altre possibili celebrazioni congiunte.

Ad eccezione delle chiese di tradizione battista, le chiese che praticano il battesimo degli infanti riconoscono vicendevolmente i battesimi da esse compiuti. La gran parte di queste celebrazioni riguarda in particolare i figli delle famiglie interconfessionali. Normalmente un solo ministro amministra il battesimo, e l’altro può partecipare attivamente ad altre parti della liturgia. È anche possibile che questo battesimo venga registrato nelle due comunità.

A partire da questo fondamento non è esclusa la possibilità di celebrazioni congiunte di battesimi di figli di famiglie non interconfessionali.

Non potrebbero queste celebrazioni diventare occasioni in cui tutti i cristiani ri-affermano insieme le loro promesse battesimali?

 

Si presenta anche il caso in cui la famiglia interconfessionale scelga di rinviare il battesimo dei figli al momento della loro età adulta.

Generalmente queste famiglie compiono una presentazione dei bambini nella comunità, in cui viene reso grazie al Signore per la loro nascita e pregare per la loro crescita in una vita di fede, affidandosi, a questo fine, al Signore, lasciando che il figlio richieda egli stesso il battesimo al momento della loro confessione di fede.

Questa prassi dovrebbe non solo essere permessa, ma anche incoraggiata. E tali celebrazioni potrebbero assumere carattere ecumenico.

Per quanto la condivisione eucaristica con altri cristiani è consentita nella chiesa romana soltanto in situazioni molto eccezionali, vi è spesso un profondo bisogno spirituale per del genitore dell’altra chiesa di essere ammesso alla Cena del Signore quando il proprio figlio/a riceve la prima comunione. Entrambi i genitori hanno collaborato nella preparazione del figlio a questa occasione e alcuni figli sentirsi a disagio se la comunione non può essere ricevuta da entrambi i genitori. L’insegnamento relativo alla Cena del Signore o Eucaristia presentato ai nostri figli annuncia il Cristo che chiama tutti i credenti alla sua mensa. La dove uno dei genitori viene escluso può costituire per i figli uno scandalo (nel senso neotestamentario) e diventare pietra di inciampo. Nelle chiese evangeliche, normalmente, tale problema non si pone. La Cena del Signore è offerta a tutti coloro che intendono parteciparvi con animo sinceramente disponibile a vivere la comunione con il Signore nell’ambito della comunità di credenti che comprendono, sia pure in modo diverso, la stessa fede cristiana. (7)

I funerali possono anche essere occasione d’intervento delle due comunità per rendere grazie per la vita di chi ci ha lasciati ed annunciare l’Evangelo della resurrezione e della vita eterna in Cristo e offrire alla famiglia in lutto il ministero della consolazione.

D,7 Condivisione eucaristica

Paradossalmente la condivisione della Cena del Signore, espressione massima di comunione cristiana tra coloro che il Signore ha chiamato, è stata e in parte lo è ancora, motivo di rigide esclusioni.

Nel 1973, la Concordia di Leuenberg ha ristabilito la comunione di mensa tra luterani e riformati sulla base della comune comprensione dell’evento inteso come dono di se stesso da parte di Cristo offerto a tutti "nel suo corpo e nel suo sangue dati per tutti, come pane e vino attraverso la Parola della sua promessa," Molte altre chiese evangeliche praticano un’aperta e reciproca ospitalità eucaristica

Molte famiglie interconfessionali, quando uno dei partners è un cattolico romano e l’altro appartiene ad una comunità evangelica, manifestano un profondo bisogno spirituale di ricevere la comunione insieme per rafforzare la loro unione spirituale come chiesa domestica. Dal momento che queste famiglie condividono già i sacramenti del battesimo e del matrimonio, la Chiesa Cattolica romana ha iniziato, negli anni seguiti al Concilio Vaticano II a riconoscere il bisogno di queste famiglie. Al momento questa condivisione nella Chiesa Cattolica eccezionale ed è permessa solo a determinate condizioni e in rari casi particolari.

Tuttavia non tutti i componenti delle famiglie interconfessionali vogliono condividere l’eucaristia nella chiesa dell’altro coniuge. Vi sono concezioni molto diverse circa l’Eucaristia e alcuni pensano che la partecipare a questa nella chiesa del loro coniuge possa turbare la loro fede. Altri considerano la comunione come ad una particolare forma di relazione spirituale con Dio, senza rapporto alcuno con la comunità riunita in quel momento. Alcune autorità Cattolico Romane hanno riconosciuto il bisogno della comune partecipazione eucaristica delle famiglie interconfessionali e cercano modi con cui rispondere. In altri casi questa partecipazione è stata limitata ad occasioni molto limitate e circoscritte.

Peraltro la Chiesa Cattolica Romana non concede in assoluto il permesso di ricevere la comunione in altre chiese in cui i ministri non sono da essa validamente riconosciuti (8).Per questa ragione, non può concedere il permesso nemmeno in situazioni o casi particolari. I cristiani di altre comunità ecclesiali che hanno a cuore l’unità della chiesa comprendono, anche se non condividono, la posizione romana, ma si impegnano a proseguire con i fratelli cattolici il dialogo e il confronto su questo tema delicato su cui si gioca lo stesso fondamento ecclesiologico della chiesa.

D’altra parte, non è escluso che gli sposi nelle famiglie interconfessionali, seguendo la loro coscienza, possano trovare particolari ragioni spirituali per rendere necessaria questa condivisione, la quale, pur non osservando la norma che limita tale atto alla comunione ecclesiastica, non mette tuttavia a rischio l’appartenenza alle loro chiese, né può essere considerata come negazione della fede di quella chiesa. Sta alle Conferenze Episcopali approfondire e chiarire questa situazione relativamente al coniuge cattolico.

 

E. CONCLUSIONI

Le famiglie interconfessionali sono grandemente incoraggiate quando le loro comunità ecclesiastiche non le considerano un problema, ma riconoscono in esse una indicazione significativa sul cammino dell’unità cristiana. Esse sono chiamate a testimoniare con le loro vite, azioni e parole, la fondamentale e crescente unità di tutti i cristiani e a condividere una vita comune in Cristo per la riconciliazione delle nostre chiese.

NOTE

  1. "Il matrimoni tra cattolici e valdesi o metodisti in Italia". Parte 2°
  2. "Direttorio per l’applicazione dei principii e delle norme sull’Ecumenismo". Parte IV A Comunione di vita e di attività spirituale tra battezzati. 1993
  3. "Ut unum sint" n° 42 1995

    "Documenti del Sinodo Valdese sul matrimonio" n°44 1971

  4. "I matrimoni tra..." Testo applicativo, VII: L’educazione religiosa dei figli.
  5. "I matrimoni tra..."Parte I ciò che come cristiani possiamo dire in comune sul matrimonio.
  6. "I matrimoni tra..." Parte III: n° 3/2: la preparazione al matrimonio
  7. " Direttorio..." C. matrimoni misti n° 151.
  8. " Direttorio..." B. Condivisione di vita sacramentale, n°129 e seg.
  9. " Direttorio..." C. matrimoni misti n° 160

 

 

Traduzione e adattamento del documento preparatorio per l’incontro di Roma 2003