Nell’ottica della patristica greca, particolarmente in quella del primo millennio, la Chiesa, nel significato più profondo, non è che il corpo di Cristo in quanto essa è sacramento del Regno che verrà. Questa reale identità della comunità ecclesiale (la Chiesa) si attualizza e si manifesta nella storia nel momento della celebrazione liturgica del sacramento del Regno che culmina nell’Eucaristia. Al momento di ogni celebrazione liturgica l’Eucaristia e la Chiesa si condizionano tra loro, non a partire da loro stesse ma bensì a partire dal regno che verrà, nella loro apertura "epiclesica", infinitamente ricettiva alla venuta di questo regno di Dio. Lo spazio e il tempo liturgico sono quelli della apertura al Regno. E’ la ragione profonda per cui la Divina liturgia dell’Oriente cristiano inizia con l’invocazione: "Sia benedetto il Regno del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo...." (cf. la Divina liturgia di san Giovanni Crisostomo). La Chiesa scegliendo il tempo opportuno (il suo kairos) per guardare il suo vero volto nello specchio eucaristico che gli rivela le sue ultime verità (eschaton) - si scopre come il luogo della ricapitolazione di tutto in Cristo (Efesini 1,10). Luogo di una "co-presenza pneumatica" dell’ insieme della storia di ciascuno e di tutti , della storia dell’umanità e di quella del mondo intero, in breve la ricapitolazione sacramentale dell’insieme dell’Economia di Dio secondo le sue diverse tappe. Allora, nella Divina liturgia, si realizza per noi la storia della salvezza nella sua integralità; dalla creazione alla caduta, all’incarnazione e alla salvezza in Gesù Cristo fino alla manifestazione plenaria della vittoria del Risorto sulla morte e sul nulla, quindi alla sua ultima venuta e al compimento finale del Regno. La comunità celebra, ricorda e vive rendendo grazie, non solamente il "già avvenuto" del passato di cui dispone al presente, ma anche - e questo è paradossale - il "non ancora", il futuro della sua storia in Cristo e di tutta la storia nel Regno di cui essa ancora non dispone. Se nell’Eucaristia, ricordandosi il gesto del suo Signore alla vigilia della sua Passione ("Prendete e mangiate.......Bevetene tutti....") la comunità offre a Dio la sua esistenza in Cristo - o piuttosto l’esistenza stessa di Cristo per la vita del mondo ("ciò che è tuo, tuo possesso, noi te l’offriamo e tutto e per tutti") - essa non lo compie che commemorando l’insieme dell’Economia di Dio per la vita del mondo, commemorando "tutto ciò che ha fatto per noi: la Croce, la Tomba, la Resurrezione al terzo giorno, l’Ascensione in cielo, il Seggio alla destra, il secondo e glorioso Nuovo Avvento." (Divina Liturgia di san Giovanni Crisostomo, preghiera segreta dopo le parole dell’Istituzione). La memoria della Chiesa è epiclettica perché non si riferisce solo al passato ma anche al futuro. La comunità non vive del suo passato, quello di Cristo, che partendo dal futuro e dall’epiclesi del futuro, quello della resurrezione di tutti in Cristo. E’ così che nella Divina liturgia, la storia si rivela, in Cristo e nello Spirito, profondamente escatologica. Benché spesso sia dolorosa in se stessa, perché crocifissa e morta in Cristo, la storia si rivela come il vero ma paradossale ("come in uno specchio, in maniera oscura" 1 Corinzi 13,12) assaggio del Regno. Questo mi sembra lo specifico della liturgia bizantina. Le tre parti della Divina liturgia - Proskomidie, liturgia della Parola o dei catecumeni, liturgia eucaristica o dei fedeli - formano un cerchio indissolubile che rende manifesta questa dinamica trasfigurante della storia a partire dal Regno e verso il Regno. Assumendo pienamente su di sé l’esistenza della storia della caduta - e la sua nella storia - la Chiesa offre a Dio la sua esistenza e quella del mondo intero al fine di riceverla trasfigurata. La vita per la morte, quella della separazione e della caduta, è offerta al Padre (in Cristo nello Spirito) affinché sia nuovamente ricevuta in Cristo (nello Spirito a partire dal Padre) come vita per la resurrezione, vita eterna della comunione. E’ questa l’essenza della vita spirituale, o meglio dell’esistenza eucaristica di ciascuno, che viene celebrata dalla innologia della liturgia bizantina, offrendo ai fedeli la sua meravigliosa catechesi. La Proskomidie (o preparazione) Si tratta della fase preparatoria della liturgia che ha luogo in uno spazio speciale, la "prothesis", una piccola volta scavata nel santuario, a destra dell’altare, rappresentante la grotta di Betlemme. Durante la Proskomidie, la Chiesa commemora l’Avvento, l’attesa vetero-testa-mentaria e il periodo preliminare della vita pubblica di Cristo, preludio alla sua opera per la nostra salvezza (passione, morte, ascensione, Pentecoste, secondo avvento). Dopo la proclamazione del primo avvento del Messia e l’annuncio della nostra salvezza, il celebrante passa all’offerta, una specie di piccolo dramma realistico molto condensato, che prefigura l’immolazione dell’Agnello , così come avrà luogo durante la liturgia eucaristica propriamente detta. La liturgia della Parola (o dei catecumeni) Questa parte della liturgia costituisce una preparazione a ricevere il messaggio evangelico e simbolizza l’inizio della vita pubblica di Gesù nella prospettiva del suo primo avvento (cf. la "Petite entrée" del clero nel santuario). Essa culmina e si conclude con la lettura dell’Epistola e del Vangelo. La liturgia eucaristica (o dei fedeli) Essa costituisce per noi l’attualizzazione del triduum pasquale del Signore (passione, morte e resurrezione) nella prospettiva del suo ultimo avvento (cf. la "Grande entrée" degli oblati nel santuario). Dopo lo scambio del bacio e della pace e la proclamazione del simbolo della fede - essendo l’amore e la verità indissociabili e ugualmente indispensabili alla celebrazione dell’eucaristia ne deriva l’impossibilità per l’ortodossia dell’intercomunione con i fratelli non ortodossi - segue l’unica azione di grazie, trinitaria, della Chiesa. Essa si articola intorno a tre "poli" (anafore, anamnesi e epiclesi), tre "momenti trinitari" che sono strettamente interdipendenti. L’anafore è la preghiera che si riferisce al Padre (dal Figlio nello Spirito), l’anamnesi al Figlio (dal Padre nello Spirito) e l’epiclesi allo Spirito (dal Padre nel Figlio). Dopo la preghiera comune al Padre ("Padre nostro ....") che ogni fedele pronuncia non nel suo nome ma nel nome di Cristo e con il Cristo - in quanto membro del suo Corpo - la liturgia dei fedeli termina con la comunione ai "divini misteri", al mistero della salvezza nella sua integralità, cioè alla storia e alla vita personale di Cristo resuscitato per tutti. La celebrazione dei misteri della salvezza non si fa a favore solamente della comunità dei credenti, bensì per la vita del mondo intero o, per meglio dire, si fa per la comunità in vista della salvezza del mondo. Metropolita Jérémie (traduzione a cura di Gemma Calanchi) |