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RESOCONTO  dell'INCONTRO sull'ECUMENISMO
del 22 Gennaio 2000

Dall'esperienza di una tesi in lingue straniere dovendo accostare un testo di un autore ortodosso russo, alla partecipazione alla seconda Assemblea ecumenica europea svoltasi a Graz due anni orsono, alla partecipazione alla firma della Dichiarazione congiunta cattolico-luterana sulla dottrina della giustificazione il 31 ottobre 1999 ad Augsburg: si è svolto sul filo del racconto di esperienze ecumeniche e di una riflessione sgorgante dalla vita nei suoi aspetti quotidiani e nei suoi momenti di grazia, di gioia e commozione il primo intervento all'incontro "Esperienze e riflessioni nell'attuale cammino ecumenico" proposto da Sarah Numico del Segretariato del Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa.
L'incontro, tenutosi sabato 22 gennaio scorso a Firenze in via Cittadella 39, organizzato dal Promotore di Giustizia e Pace e dal Centro Culturale di S.Maria Novella, è stato introdotto da fr. Aldo Tarquini, promotore di Giustizia e Pace e da fr. Alessandro Salucci, direttore del Centro Culturale di S.Maria Novella, che hanno presentato questo momento come un contributo da parte dei domenicani di S.Maria Novella di Firenze al percorso di preghiera e riflessione proprio della settimana di preghiera per l'unità dei cristiani.
Nella sua relazione Sarah ha sottolineato la compresenza nel cammino ecumenico odierno di una ricchezza di cammini e di tentativi assai diversi in cui è difficile comprendere la valenza e in cui è ancor più arduo individuare le forme in cui tale cammino si articolerà nel futuro.
Un segno di speranza è stato certamente la processione svoltasi ad Augsburg in un silenzio religioso a partire dalla chiesa cattolica sino alla chiesa luterana dove è stata siglata la firma che ha posto fine alle reciproche scomuniche del XVI secolo tra cattolici e luterani e dove vi è stato l'abbraccio del cattolico mons. Kasper con il luterano rev. Noko dopo un lavoro a livello teologico durato trent'anni: un segno di speranza è stato questo camminare di popolo sotto le lapidi che rammentavano i passi della divisione sancita proprio nei medesimi luoghi cinquecento anni orsono. Un segno che il movimento della separazione può cambiare di direzione e trasformarsi in movimento di dialogo e di riconciliazione.
Un segno di speranza è - secondo la testimonianza di Sarah - anche la domanda rivolta con insistenza dai giornalisti greci, pochi mesi orsono, ai vescovi cattolici e ortodossi in un momento di grande tensione tra i vertici gerarchici delle chiese: i conflitti troveranno superamento? Vi sarà un momento in cui sapremo chiederci perdono? Sarà possibile rileggere le proprie storie e domandare perdono?
Un segno di speranza anche l'evento di Graz, la presenza di migliaia di persone giunte per l'Assemblea ecumenica senza essere parte del nucleo degli invitati ufficiali: questo momento ha offerto la percezione dell'importanza dell'imparare a dialogare a tre, il mondo cattolico, ortodosso e riformato non solamente in senso bilaterale ma insieme.
A partire da questo cammino Sarah ha presentato due iniziative che stanno avendo inizio: la Charta ecumenica, documento elaborato da un gruppo di teologi e diffuso in tutte le chiese per individuare un terreno comune che ci unisce, sui nodi del dialogo, della preghiera, della riconciliazione della memoria. Uno strumento per trovare i modi di una testimonianza già possibile in ciò che unisce le diverse confessioni cristiane e per ritrovare la consapevolezza di tale testimonianza comune.
In secondo luogo l'iniziativa di un incontro da tenersi nella Pasqua del 2001, data che in quell'anno coinciderà per tutti i cristiani, un incontro non solo dei vertici delle chiese ma anche e soprattutto aperto ai giovani alle nuove generazioni responsabili di un cammino di comunione futuro.

Mons. Aldo Giordano, Segretario del Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa, ha presentato alcuni nodi teologici del dialogo ecumenico soffermandosi su alcuni aspetti che - ha affermato - riguardano innanzitutto il 'metodo' di far teologia.
Egli ha innanzitutto sottolineato l'importanza di leggere le cose con occhi teologici, della fede pensata, del leggere le cose con occhi di credenti.
In secondo luogo ha rilevato come oggi in Europa si manifesta la necessità di un nuovo spazio teologico: di fronte agli impedimenti al dialogo dovuti a fattori di tipo culturale, storico giuridico e di potere che si frappongono al procedere di un autentico dialogo teologico don Aldo si è chiesto che cosa può permettere di lanciarsi oltre questo ostacoli individuando in una cultura ecumenica e in una spiritualità ecumenica le chiavi per potere passare oltre a questo genere di impasse: solo la lente dell'amore può liberare il campo per una riflessione teologica.
In terzo luogo egli ha presentato il problema della individuazione dell'autentico teologo: chi è il teologo che fa teologia? E rileggendo l'episodio dei discepoli di Emmaus ha suggerito come accanto ai discepoli che pur trattano problemi fondamentali, riguardanti il senso della loro vita, la morte, la salvezza, è Gesù Cristo che si fa loro vicino come interprete, autentico ermeneuta delle Scritture.
"Se vogliamo fare una teologia ecumenica dobbiamo creare luoghi in cui lui possa parlare"; a chi nelle chiese svolge il servizio della ricerca teologica è richiesto un atto di umiltà per imparare tutti dall'unico maestro. E' il Cristo della Pasqua il maestro, il teologo, e il Cristo della Pasqua è il Cristo crocifisso: è lui che è entrato nelle divisioni dando la sua vita proprio nel prendere su di sé la divisione. Egli ha trasformato le divisioni stesse in occasione di dono nell'amore. Benché le divisioni siano frutto del peccato l'ingresso di Cristo nelle divisioni spinge anche noi ad entrare nelle divisioni, ad assumerle in noi stessi, rendendole spazio per una ondata di amore.
Vivere la responsabilità teologica significa allora imparare a vedere con gli occhi del Risorto, scoprire che l'unità non è frutto di un progetto umano, ma l'unità è dono di riconciliazione che si è già compiuta sulla croce.

Quale il metodo per riuscire ad avere 'colui che è il vero teologo' tra noi? Don Aldo suggerisce il metodo del dialogo: "la teologia si fa in dialogo".
Non dobbiamo avere paura delle diversità: la distanza espressa nella particella 'dià' dice la possibilità di riconoscere l'altro come distinto, come possibilità di amore e di relazione. Di solito noi abbiamo paura dell'altro; ma nel 'dià' accade il Logos. E' proprio nella distanza, nel dià, che 'accade' il Risorto, Colui che è il Logos. Se dialogo è un reciproco ascoltarsi, un reciproco darsi la vita, il dialogo diviene evento veritativo in cui il Logos stesso viene tra noi, il Logos può parlare.

A partire da questi nodi di metodo don Aldo ha enucleato alcuni aspetti problematici del dialogo ecumenico oggi:

  • il primo nodo riguarda la definizione dell'unità visibile: come si concilia la diversità con l'unità? L'identità nel reciproco donarsi la diversità compie una unità che si connota per non essere una somma di identità precostituite, e neppure come una somma di differenze, bensì è un fatto nuovo. L'unità dovrebbe essere compimento di un massimo di identità e nel contempo una valorizzazione delle diversità, così come nel mistero trinitario contempliamo l'identità e la diversità ad un tempo.

  • Il secondo nodo riguarda il soggetto che serve a questa unità: come porre insieme esigenze di unità e esigenze di pluralismo, come articolare insieme il servizio dell'unità che nella chiesa cattolica è riconosciuto nel ruolo del successore di Pietro, con l'esigenza di pluralismo di una attenzione alla sinodalità, proprie della tradizione ortodossa o, in modi diversi, della tradizione riformata?

  • Un terzo nodo riguarda l'intercomunione e l'ospitalità eucaristica. Se vivessimo la presenza reale di Gesù Cristo tra i suoi, del Logos nel dialogo, - ha affermato don Aldo - presto si aprirebbero le porte per celebrare anche l'Eucaristia insieme: è questo il nostro sogno e la nostra sofferenza.

Oggi poi il cammino ecumenico è complicato dalle diverse posizioni delle chiese a riguardo dei problemi etici, elemento che evidenzia la divisione delle chiese proprio nel momento in cui si afferma l'importanza del ruolo  delle chiese per dare un anima al processo di unificazione in Europa.
Tutto questo è appello ad ognuno, ha concluso don Aldo per scoprire la propria responsabilità in ambito ecumenico: Gesù aspetta i nostri pochi pani e pesci per poter compiere lui il miracolo; a noi l'offrire le nostre mani, e ciò che abbiamo e Gesù aspetta per poter lui compiere il miracolo.

Il pastore Henning Goeden, pastore della comunità evangelica luterana di Firenze, ha parlato del cammino ecumenico prendo spunto dall'evento della firma della Dichiarazione congiunta di cattolici e luterani sulla giustificazione: il 31 ottobre scorso ad Augsburg, nella festa della Riforma, vi è stata infatti la firma di Augusta. Si tratta di un accordo - ha detto il pastore - in cui le differenze vengono poste in risalto e non sono nascoste. In questo documento si afferma ciò che la maggior parte dei cristiani già sapevano, ciò che ci unisce, eppure i diversi punti di vista dei luterani e dei cattolici vengono elencati e non sono visti come elementi che separano.
Tale dichiarazione, accettata anche dalla CELI (conferenza delle chiese luterane in Italia), afferma che si è oggi ormai in grado di avere una comune concezione della giustificazione: questo implica un consenso sulle verità di fondo e le diverse spiegazioni non giustificano più le condanne dottrinali del XVI secolo.
La Dichiarazione afferma anche che questo consenso deve confermarsi nella vita. L'accettazione della Dichiarazione non comporta la fine del dialogo; anzi, essa suscita l'impegno a proseguire il dialogo sulla base del consenso raggiunto su tutti i punti che sono ancora motivo di separazione, di non piena comunione.
Il pastore Goeden ha poi ripercorso alcuni punti presentati dal documento, sottolineando come secondo l'interpretazione luterana la giustificazione permane l'unico criterio che deve orientare a Cristo tutta la dottrina e la prassi della chiesa; ha sottolineato che il giustificato deve chiedere perdono ed è continuamente chiamato alla penitenza, e che le opere buone seguono la grazia e sono frutti della giustificazione: tale conseguenza della giustificazione è anche un dovere. Egli ha rilevato con soddisfazione sia stato condotto un dialogo in cui la chiesa cattolica ha accettato nella Federazione luterana mondiale un partner paritetico e questo è un buon segno per la collaborazione ecumenica futura. Le conseguenze di tutto questo sono aperte.
Egli ha poi continuato estendendo il suo sguardo all'ecumenismo. "Per me l'ecumenismo significa conoscere se stessi come un frammento: sono uno fra molti, la mia lingua è una fra molte, la mia religione e confessione è una fra molti. Ecumenismo significa unione di compagni che sono diversi e i cui confini sono riconoscibili: negare le differenze è eliminare il dialogo; bisogna avere una identità per confrontarsi con un'altra identità".
Scoprirsi come frammento significa che conosco qualcosa ma che non conosco tutto e solo nel confronto con l'altro trovo arricchimento e completamento; per questo l'ecumenismo è sempre dialogico. Il pastore Goeden ha ripreso quindi la definizione di ecumenismo come diversità riconciliata. Nella nostra diversità siamo fratelli in Gesù. E questa unità già esiste dove c'è una testimonianza quale per esempio quella di Oscar Romero, di M.Luther King, di Von Galen, di Dietrich Bonhoeffer. La verità non è racchiusa in nessuna chiesa perché Gesù ha detto 'Io sono la verità. Il pastore ha poi sottolineato come diversità nelle tradizioni non significa diversità nella fede come anche come identità di confessioni non significa identità nella fede e ha citato l'esempio di quel vescovo che nella notte del rogo delle sinagoghe tra il 9 e 10 novembre 1938 considerava questo fatto come un regalo di compleanno a Lutero: "quel vescovo, pur essendo luterano come me - ha affermato il pastore - non aveva la mia stessa fede".
"Tutte le singole chiese si ritrovano in uno spazio angusto: è un piacere visitare la casa dell'altro. E dopo è bello tornare nella propria casa perché poi si vede la propria casa con uno sguardo diverso. Alla comunità di Gesù - così ha concluso il pastore - appartiene più che una sola chiesa".

Al termine dell'incontro è stato regalato ai partecipanti un piccolo segno che significa anche un impegno: si tratta della Charta Oecumenica, documento che dovrebbe essere ripreso e discusso nelle varie realtà ecclesiali e che potrebbe essere uno strumento per la promozione di una cultura ecumenica diffusa e di spiritualità ecumenica. Scoprire ciascuno nell'ambito della sua vita e della sua strada e insieme come comunità una responsabilità teologica di tutto il popolo di Dio, è già rispondere alla chiamata al dialogo ed alla riconciliazione, che è chiamata di Dio Trinità rivolta alle chiese in questo momento storico che ci è dato di vivere.

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